La città color zafferano

Bombay fra metropoli e mito

di Gyan Prakash

Sono ormai rimasta indietro con il blog da mesi: chiedo umilmente perdono a tutti i lettori (se ancora ce ne sono!).
Cercherò di smaltire un po' di libri che aspettano un post da mesi, forse da anni. Cominciamo con quello che, poverino, ho lasciato più indietro, giusto per ritornare subito in uno dei luoghi del cuore: Bombay. 

La città color zafferano è una biografia di Bombay, scritta non da un suo cittadino ma da chi l'ha vissuta come città del mito e del sogno, come città dell'oro.


Gyan Prakash, oggi professore di storia a Princeton, racconta la storia di una metropoli con le radici nel colonialismo, nella modernità e nel capitalismo, che vive di cinema e letteratura, ma sempre con una doppia visione: quella cosmopolita dell'élite alla moda, che si esprime con architetture moderne e urbanistica all'avanguardia, e quella invece dei diseredati, dei poveri e dei lavoratori, che sono poi quelli che mantengono il capitalismo e l'industrializzazione, ammassati negli slum e nei chawl, l'opposto (ma anche lo specchio) dell'architettura più innovativa.

E allo stesso modo, in questo specchio capovolto che è Bombay, il cosmopolitismo si specchia nel suo opposto, nelle tensioni comunaliste che hanno portato la violenza religiosa nella città più internazionale dell'India. 

Nei vari capitoli Gyan Prakash ripercorre la storia di Bombay, dal tempo della dominazione inglese che ha portato il gotico coloniale negli edifici della città, per poi approfondire, arrivati agli anni Trenta, la storia della Progressive Writer Association, con scrittori come Saadat Hasan Manto (consiglio sempre di leggere i suoi racconti!) e Ismat Chughtai. 

Fino al primo cambiamento radicale dell'anima della città con l'indipendenza: una metropoli portuale e industriale, che una volta finita di essere colonia dell'impero inglese si deve reinventare come una città nazionale indiana.
E così, dopo la letteratura degli anni Trenta e le ferite della Partizione, sono il cinema di Bollywood e i film di Raj Kapoor a guidare i sogni di Bombay e di tutta l'India. 

A guidare questo passaggio da coloniale a post-coloniale è anche la "politica del popolo", o in altre parole, il populismo: Bombay diventa la città della cultura di massa, dei tabloid e poi, più tardi, la città che passa dalla sinistra al nazionalismo hindu.

Seguiamo quindi l'ascesa dello Shiv Sena, partito di destra e xenofobo, che cambia appunto il colore della città, dal rosso al giallo zafferano, colore del nazionalismo hindu. 
Per arrivare così alle violenze fra hindu e musulmani degli anni Novanta e al cambio del nome in Mumbai, un ri-battesimo che sancisce la sconfitta della vocazione cosmopolita.

Ed eccoci quindi a oggi, fra progetti urbanistici che si infrangono in una politica corrotta e negli scandali, con un susseguirsi di boom edilizi per cercare di cambiare una città sovrappopolata in un sogno che si può vendere facilmente alle multinazionali, fra slum ed edifici di lusso, in "una città magnifica all'esterno ma marcia dentro".
Fino agli ultimissimi sogni, quelli degli slum, dei tassisti immigrati, dell'antiquariato di Chor Bazar, che recuperano, forse, una dimensione meno disumana.

Gyan Prakash si muove con abilità non solo nella storia, ma anche e soprattutto nella cultura di massa di Bombay, quella del cinema, dei fumetti, dei tabloid e delle riviste scandalistiche, descrivendo tutti questi sogni che sedimentano nei diversi strati di Bombay: niente del passato viene mai veramente spazzato via, tutto confluisce in un intreccio di esperienze, di immaginari, di desideri diversi e contraddittori, di opportunità e di oppressione. 

Rispetto a Maximum City di Suketu Metha, l'altro grande libro che parla della città di Bombay, questo è un libro in cui la ricerca meticolosa, l'urbanistica, l'architettura e gli aspetti storici guidano il racconto.
Laggiù l'autore andava in giro per strada a cercare storie, qui invece c'è tantissima ricerca, storica e letteraria, tantissime citazioni e una lunga bibliografia su Bombay: ma non vuol dire che sia noioso, anzi...

Lo consiglio in modo particolare a chi vuole approfondire la sua relazione con Bombay, iniziata magari visitandola di persona o anche solo attraverso la sterminata letteratura su questa città dei sogni meravigliosa e terribile.

Gyan Prakash, La città color zafferano, Bruno Mondadori 2012
Traduzione di Gioia Guerzoni e Clara Nubile  (un caro saluto a entrambe!)
pp. 286, € 19,00


Commenti

  1. Bombay è sempre Bombay. Ho appena iniziato Shantaram ed è anche quello - in un certo senso - è un libro su Bombay. Didascalico. Pure troppo.
    Ma è presto per giudicare, vediamo.
    Bentornata Silvia!

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  2. Sì, Bombay è sempre Bombay!
    Buona lettura di Shantaram... è vero che è didascalico, ti spiega proprio tutto... Però la storia ha il suo perché! Poi fammi sapere!

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  3. Ciao Silvia, ricambio il saluto dopo 9 mesi di Bombay, che è sempre Bombay. Io coltivo sempre il sogno di scrivere un libro mio su questa assurda, incredibile, stratosferica città... Buona estate!

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  4. Ciao Clara carissima e buona estate anche a te!
    Se scrivi il tuo libro su Bombay sarò fra le primissime lettrici a leggerlo!

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