Le ceneri di Bombay

di Cyrus Mistry

Jingo, il giovane protagonista parsi del romanzo Le ceneri di Bombay, è la classica persona che troverei insopportabile nella realtà: inconcludente, vulnerabile e indolente, innamorato dell'idea di scrivere un romanzo neanche mai iniziato, con la condivisibile convinzione che studiare o fare carriera non servono a realizzarsi, ma senza ogni minima alternativa.

Ma l'incontro nelle pagine di Cyrus Mistry (il fratello dello scrittore Rohiton Mistry) invece me l'ha fatto dolcemente amare, come fosse un fratello minore o un amico d'infanzia ritrovato dopo anni di silenzio.


Jingo gira per la Bombay degli anni Novanta con i questionari delle ricerche di mercato che lo portano a intervistare la gente  su dentrifici e saponette: è questa l'unica occupazione che gli piace, l'unica che può dare un senso alle sue giornate dopo che ha lasciato l'università con l'idea di scrivere un romanzo che racconti il suo tempo e la sua città.

Imprigionato da una relazione finita male con una ragazza cristiana ancora più tormentata di lui, in bilico fra la voglia di aiutare gli altri e l'autocompiacimento, Jingo vaga anche alla ricerca di pezzi d'hashish  per sfamare il vuoto delle sue pretese e alla ricerca di alibi per nutrire le sue colpe immaginarie, o immaginate.

Noi lo seguiamo ed esploriamo i luoghi dove lo portano i suoi vagabondaggi e i suoi guai: in quartieri popolari, ai party in abito da sera degli amici di famiglia, in tetre camere in affitto, in sistemazioni di fortuna nello slum, nella casa borghese dei genitori che lo vorrebbero laureato all'estero e ben sistemato, nei rifugi di piccoli spacciatori, con il ritmo di chi cammina a piedi di strada in strada, di dolore in dolore.

Fino a che tutti i dolori prenderanno fuoco nella crudeltà estrema dei disordini interreligiosi nella città che tanto ama: d'altra parte Jingo sapeva "che il volto primordiale che aveva scorto della sua città l'avrebbe perseguitato dovunque andasse" e che "la sua mancanza di motivazione era collegata a doppio filo ai miasmi di profonda disperazione in fermento sotto la superficie di quella città".

Così che tutto prenderà fuoco: i personaggi che lo hanno accompagnato in questo viaggio, il passato, la paura e i sensi di colpa che popolano le sue relazioni con gli altri, in un collettivo vortice distruttivo  senza più speranze.
Per poter ripartire da capo, o forse no, solo per poter ancora provare a vivere.

Commenti

  1. Recensione che descrive in modo perfetto il libro, anche a me è piaciuto.
    Buona domenica :-)

    Anto

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  2. Grazie Anto, mi fa piacere che ti sia piaciuto anche a te!

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  3. Quello che colpisce è la profonda sensibilità ed umanità con la quale viene descritto un personaggio senza o con poche qualità, se non quella di vagheggiare idee ed ideali che restano puri vagheggiamenti. In questo senso rispecchia una generazione che è anche quella di adesso in Occidente. I personaggi secondari sono ben disegnati, mai delle figurine, anche con poche parole ti si appicciano addosso. L' India, dopo la partizione, è sempre in conflitto con se stessa e con la sua grande democrazia, gli eccessi religiosi, con gli orrori indicibili coprono interessi politici, a volte anche di basso profilo. Ma ... il miracolo secondo me è che, nonostante tutto, nonostante il rancore, l' odio, le differenze, l' esplosione di violenza sistematica l' equilibrio ancora tiene, non un "Perfetto equilibrio", come il più celebre romanzo del fratello di Cyrus Mistry, ma comunque un equilibrio.

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  4. E' vero, la generazione persa nei suoi stessi vaneggiamenti è la stessa dell'occidente di oggi.
    A me è stupito come C. Mistry sia riuscito a farmi appassionare a un personaggio così includente, mi ha fatto proprio entrare nella sua testa.

    L'equilibrio ancora c'è... che poi anche quello di Rohiton non era così perfetto: fra speranza e disperazione, sembrava pericolosamente protendere verso la disperazione.

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